Altro che “Ice Bucket Challenge”, questa volta a beccarsi una doccia gelata e fastidiosa è l’Italia, che dopo oltre mezzo secolo è in deflazione. L’indice dei prezzi al consumo misurato recentemente dall’Istat nelle prime stime ha, infatti, segnato un calo dello 0,1% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. L’ultimo caso di deflazione risale al settembre del 1959, quando però l’economia del nostro Paese era in forte crescita.
“Sono assolutamente certo – assicura Renzi – che l’Italia è nella condizione di uscire dalla situazione attuale”. Intanto, la crisi economica continua a colpire indistintamente, e senza tregua tutto lo Stivale, da Nord a Sud. “Nei primi 6 mesi del 2014 – stima Confesercenti – il settore del commercio, nel suo complesso ha perduto circa 2,2 miliardi di euro di fatturato. Per le imprese commerciali è sempre piu’ difficile sopravvivere: tanto che, ormai, un’attività del commercio su quattro vive meno di tre anni”. Anche per le associazioni dei consumatori i numeri sono preoccupanti.
La contrazione del mercato non fa altro che alimentare la grave crisi sul versante della produzione e, quindi, dell’occupazione, accrescendo così le difficoltà e le preoccupazioni delle famiglie.
La crisi ha acuito soprattutto le difficoltà economiche dei più giovani, che fra disoccupati e scoraggiati, superano il 40%. “I giovani – scrive lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet – si sentono ingannati dalla società orgnizzata dagli adulti e sono sempre più convinti che per loro non ci sia più nulla di bello, piacevole, utile. gratificante, soprattutto non ci siano lavoro, riconoscimenro, crescita: insomma futuro”.Come dargli torto? Ancor più di una volta, oggi l’interrogativo per molti giovani è: a cosa serve studiare? Perchè andare all’università? Perchè fare sacrifici che non daranno benefici economici e di ragionevole sicurezza lavorativa?
“Uno dei maggiori rischi che corriamo – evidenzia lo psicologo Leonardo Verdi – è che si rafforzi ed esploda il conflitto trans-generazionale, tra figli e genitori, percepiti come coloro che sottraggono lavoro e che si sono creati condizioni di tutela economica e sociale a discapito di chi viene dopo di loro”. Prima di parlare della solita “fuga dei cervelli”, dipingendola come una catastrofe che ci costa quasi un miliardo di euro all’anno(Istat), oggi più che mai, occorre riflettere sulla speranza come risorsa che non può non essere presente nei giovani. Perchè è alla base della possibilità di pensare il futuro, di pensarsi in un futuro vivibile, nel quale sfruttare al meglio il patrimonio di esperienze accomulato nel corso degli anni di preparazione scolastica e formativa. In un momento particolarmente complesso e carico di sfide umane, culturali, sociali e religiose, la speranza deve diventare una priorità da garantire alle nuove generazioni.
Antonello Lombardi