Sviluppare una filiera nazionale incentrata sulle bioenergie per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili e l’impatto ambientale, sfruttando i progressi nel campo della ricerca e dell’innovazione: questo il tema al centro del convegno “IEA Bioenergy”, organizzato dall’Enea in collaborazione con il GSE ed il CNR che ha coinvolto il 5 e 6 maggio a Sassari ricercatori, mondo industriale e policy maker per discutere degli scenari italiani ed europei del settore.
“Il mercato dei biocarburanti avanzati e dei bioprodotti – ha affermato Isabella De Bari, ricercatrice del Centro Trisaia e referente nazionale per la Task 42 IEA – è in grado di innescare processi di crescita economica ed occupazionale anche nelle aree rurali ed industriali in disuso, migliorando complessivamente la sostenibilità ambientale delle industrie di produzione e di trasformazione primaria. L’ENEA – ha aggiunto – ha costruito in più di un ventennio di attività di ricerca un patrimonio infrastrutturale e di conoscenze che spaziano dalla ricerca di base sui processi termochimici e biochimici alla realizzazione di prototipi pilota. Un patrimonio in continua crescita che l’ENEA mette a disposizione del sistema paese per garantire processi di produzione sostenibili.”
Dal workshop è emerso che in Italia sono in funzione bioraffinerie di eccellenza che puntano all’integrazione nei territori, alla costruzione di una filiera di approvvigionamento locale e ad una gestione compatibile con gli agro-ecosistemi. Fra queste, l’impianto Matrìca a Porto Torres (Sassari), nato da una joint-venture Versalis-Novamont che produce principalmente bioplastiche e biolubrificanti, e lo stabilimento Mossi&Ghisolfi a Crescentino (Vercelli), specializzato nella produzione di bioetanolo di seconda generazione per autotrazione.
“Grazie ad un lavoro sinergico tra industria e ricerca, l’Italia si posiziona all’avanguardia nello sviluppo di bioraffinerie di terza generazione che utilizzano biomasse da scarti della produzione agricola o colture dedicate non in competizione con il comparto alimentare, per realizzare prodotti innovativi come i biochemical e le bioplastiche”, ha spiegato Giacobbe Braccio, responsabile scientifico del Centro Ricerche Trisaia all’avanguardia nello sfruttamento delle biomasse.
È nata così una filiera delle bioenergie e dei bio-chemical, partendo dal sistema agricolo che produce la materia prima, alla manifattura che la trasforma, al terziario che offre i servizi a supporto, alla ricerca che sviluppa ed affida al mercato le innovazioni di processo. Sul fronte della ‘chimica verde’ l’Enea è impegnata nel miglioramento delle colture energetiche e delle materie prime da utilizzare nelle bioraffinerie, per aumentarne la resa energetica e l’efficienza dei processi di produzione.
Inoltre, dai lavori è emerso che il nostro Paese è in grado di porsi come capofila in questo settore, utilizzando al meglio i terreni marginali, gli scarti agricoli e delle lavorazioni agroalimentari, le tecnologie innovative già sviluppate e pronte per il salto di scala, i brevetti e le innovazioni di processo. “L’Italia può avere una posizione di leadership partendo dal settore delle bioplastiche, puntando anche su prodotti bio-based quali: additivi per gomme, lubrificanti, prodotti per l’agricoltura, per la cura della persona, nuovi chemicals a basso impatto’’ ha evidenziato Giulia Gregori, responsabile Pianificazione Strategica e Comunicazione Istituzionale di Novamont.
Una delle sfide tecnologiche e di innovazione da affrontare nel settore delle bioraffinerie riguarda la capacità di produrre simultaneamente intermedi chimici e vettori energetici, così come accade nelle raffinerie alimentate con prodotti di origine fossile. Come evidenziato da Sandro Cobror della Biochemtex, servono ancora investimenti in innovazione e ricerca sia sui processi sia sullo studio agronomico delle migliori essenze da utilizzare, in modo da individuare soluzioni sempre più sostenibili e competitive.