“Siamo qui, tutti insieme, per dare il primo concreto segnale di risveglio della coscienza popolare di questa nostra terra attraversata dai tanti Attila di turno, e, stanca di subire passivamente, ogni sorta di sopruso, per l’indifferenza dello Stato nei confronti dei diritti indifesi, violati, offesi, calpestati, banalizzati, forse volutamente ignorati, e, negati dall’arroganza onnipotente degli intoccabili.
"Uniamoci per avere giustizia"
Siamo qui perché il grido, il pianto, la preghiera finora consumati nel silenzio e nella solitudine murata, abbiano più forza per ristabilire lo Stato di Diritto perso”. Sono le parole di una mamma alla ricerca di una verità che dopo 23 anni è ancora nascosta.
La mamma è Olimpia Fuina, madre di Luca Orioli, il giovane trovato morto insieme alla fidanzata Marirosa Andreotta, in casa di lei, a causa di circostanze ancora poco chiare.
Olimpia era con diverse associazioni e tanti cittadini davanti al Tribunale di Matera dove, in occasione dell’udienza preliminare del caso di Rosalba Pascucci, la giovane mamma di Bernalda, morta nell’ospedale di Policoro per un presunto caso di malasanità, dopo aver dato alla luce due gemellini, era stato organizzato un presidio.
Una manifestazione organizzata dai Cittadiniattivi di Bernalda, voluta per accendere i riflettori su tanti casi irrisolti lucani che hanno ancora bisogno di verità e giustizia.
Il gup di Matera Roberto Scillitani ha rinviato a giudizio i due ginecologi che, la notte tra il 7 e l’8 settembre dello scorso anno, presero parte al parto di Rosalba Pascucci e la prima udienza del processo si svolgerà il 24 novembre presso il Tribunale di Pisticci.
Un caso che richiede per la gravità della situazione tutta l’attenzione possibile affinchè i colpevoli siano puniti.
Attenzione che va posta su tutti i casi irrisolti come chiede Olimpia nella sua lettera.
“Uniamoci numerosi alla lotta a difesa del diritto giusto – continua Olimpia – Uniamo le nostre intelligenze, le nostre volontà, le nostre competenze, la nostra forza, la nostra determinazione, le nostre sveglie coscienze, la nostra convinta fermezza, e con coraggio affrontiamo le troppe emergenze incalzanti.
Proviamo tutti insieme, tanti insieme, ad essere testimoni e protagonisti del cambiamento più urgente, l’unico che può assicurare ai nostri discendenti una vita più sana, più serena, più sicura.
Contrariamente saremo complici imperdonabili delle varie bande di briganti che continueranno a popolare il nostro Stato.
Possiamo invece – conclude – divenire Seminatori di Pace, di Giustizia, di Speranza.“