“L’approdo Tap si ferma a Melendugno ma il gasdotto continua con il collegamento alla rete italiana attraversando la Basilicata e la dorsale adriatica, in parte realizzata e in parte attualmente in fase di potenziamento”.
E’ quanto si legge in un comunicato stampa dell’associazione ambientalista No Scorie Trisaia.
“Il business legato al gas – prosegue la nota – si potrebbe sviluppare successivamente con gli stoccaggi nei pozzi dismessi (di cui la Basilicata è piena ), in depositi superficiali o attraverso la trasformazione del gas in energia elettrica. L’operazione è quella di stoccare ingenti quantitativi di gas nei periodi di basso prezzo per poi rivenderlo soprattutto nei mesi invernali quando il prezzo diventa alto. E’ stato autorizzato in Val Basento già in passato un progetto di stoccaggio nella concessione Cugno le Macine, in cui sono interessati 15 pozzi di gas.
La Basilicata ha già dato al fabbisogno energetico nazionale , ulteriori progetti di stoccaggi nei pozzi dismessi potrebbero essere un ulteriore rischio per i delicati equilibri ambientali, le falde idriche, per il rischio sismico e il rischio industriale. Gli stoccaggi non portano grossi benefici al territorio in termini di investimenti e manodopera.
Sfatiamo anche la propaganda di Salvini che il gas della Tap abbasserà le bollette dei cittadini e delle imprese italiane, dai lucani produttori di gas questo miracolo non è avvenuto in 15 anni con il gas locale gestito da una azienda a partecipazione statale, figuriamoci se potrà avvenire con il gas estero gestito da multinazionali estere. Non è lontano il ricordo della famosa card carburanti (un’azione di marketing popolare per far digerire future estrazioni ) ma anche lì stranamente i veneti hanno voluto dividere quel pieno di serbatoio gratis di carburante con i lucani. Alla fine è sparito pure quello e i carburanti in Basilicata sono tra i più cari d’Italia.
Come dire prima il Nord, ed è proprio il nord a beneficiare dell’energia elettrica di cui il Sud è esportatore da anni grazie anche alle infrastrutture energetiche che furono costruite e finanziate con i fondi della Cassa per il Mezzogiorno. Non è poi lontano il ricordo dei progetti di turbogas per la produzione di energia elettrica che si volevano realizzare nei centri di Pisticci e Irsina (comuni collegati dalla rete metano e anche da quella elettrica nazionale ). All’epoca oggetto di forti contestazioni popolari”.