Ammonta a circa 1,5 milioni di euro il valore dei beni mobili, immobili e dei conti correnti sequestrati in via d’urgenza dal Tribunale di Potenza, su richiesta della Procura, e intestati a familiari o prestanome dell’ex carabiniere Gerardo Schettino, considerato dagli inquirenti al vertice di un clan che opererebbe nel Metapontino.
I particolari dell’operazione sono stati illustrati in una conferenza stampa svoltasi nella mattinata di venerdì negli Uffici della Procura di Potenza, a cui hanno partecipato il Procuratore della Repubblica, Francesco Curcio, il pm Anna Gloria Piccininni, il comandante provinciale di Matera della Guardia di Finanza, il colonnello Domenico Tatulli.
Di seguito il comunicato stampa della Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza:
A seguito di indagini ed accertamenti patrimoniali dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza e condotte da personale della Guardia di Finanza della Compagnia di Policoro è stata data esecuzione dalla predetta Compagnia al provvedimento emesso in data 4 aprile dal Tribunale di Potenza, Sezione Misure di Prevenzione, su proposta del Procuratore Distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Potenza, di sequestro in via d’urgenza ai sensi dell’art. 22 Dl.vo 159/2011, di beni mobili, immobili c disponibilità finanziarie in Policoro c Scanzano Jonico, disposto a carico di Schettino Gerardo, quale promotore e capo dell’omonima organizzazione criminale di stampo mafioso operante in Scanzano Jonico e nell’intera fascia jonico metapontina, e dei suoi familiari.
La pericolosità del suddetto sodalizio criminoso, che conferma il radicamento in Basilicata di gravi fenomeni di criminalità mafiosa, è stata ultimamente evidenziata nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari e custodiali emessa, su richiesta della Dda, dal Gip in sede ed eseguita nel mese di ottobre 2018, misure poi confermate anche in sede di gravame.
Allo Schettino, in particolare, è stato riconosciuto un ruolo preminente nella gestione ed organizzazione del traffico di stupefacenti e nel reimpiego dei relativi capitali illecitamente ottenuti.
Gli accertamenti patrimoniali in questione, che si inquadrano in una rinnovata strategia di contrasto patrimoniale alla criminalità, espletati sia nei confronti del soggetto ritenuto a capo dell’organizzazione che dei componenti del suo nucleo familiare, secondo quanto previsto dal Codice Antimafia, grazie alla grande professionalità della Guardia di Finanza che ha svolto una attività meticolosa e preziosissima, hanno evidenziato come, a fronte di redditi dichiarati di modesta entità (neppure sufficiente a soddisfare in pieno le primarie esigenze), l’intero nucleo familiare avesse accumulato beni c disponibilità sproporzionate ed ingiustificabili.
Alla luce della evidente disparità tra i redditi conseguiti ed il patrimonio ricostruito attraverso l’indagine, il Tribunale ha disposto il sequestro di 11 proprietà immobiliari (fabbricati, attività economiche e terreni), 23 rapporti bancari e postali e 12 tra autovetture e motocicli.
L’operazione testimonia l’impegno di questa Dda e della Guardia di Finanza, nell’attività di contrasto alla criminalità organizzata attraverso l’aggressione ai patrimoni illecitamente costituiti.
Dunque è stata eseguita e svolta una attività di contrasto al crimine organizzato, la cui finalità di giustizia, questo Ufficio, ritiene doppiamente indispensabile e necessaria. Infatti, per un verso, è stato vanificato lo scopo ultimo della stessa attività criminosa svolta dal sodalizio criminale (quello di accumulare ricchezze) e, per altro verso, è stata colpita la dimostrazione, l’ostentazione sul territorio della forza e del potere dell’organizzazione mafiosa, riaffermandosi, così, nei confronti di tutti, il rispetto principio di legalità garantito dallo Stato”.