“Il mio nome è Anna D’Alessandro, ho 48 anni e vivo a Marconia. E sono una paziente oncologica. Da cinque anni”.
Inizia così la lettera aperta che la signora D’Alessandro ha inviato alle testate giornalistiche interrogandosi sul futuro del Crob di Rionero, l’unica struttura di ricerca e ricovero a carattere oncologico della Basilicata.
“Con immenso dispiacere – continua la lettera – leggo articoli su articoli che paventano la possibilità che all’Irccs di Rionero non venga riconfermato il riconoscimento di Istituto a Carattere Scientifico. Ancor più, mi fa male leggere attacchi nei confronti del Crob (chissà! sarà solo una semplice coincidenza che in un momento così delicato vengano pubblicati disservizi e presunti casi di malasanità che lo riguardano).
Proprio per questa ragione (io, che non amo protagonismi) credo che sia Necessario e giusto raccontare la mia esperienza, che sono certa sia identica a quella di tante altre persone!
Ritengo di avere il diritto ed anche il dovere di parlare perché, in quanto malata di cancro, io il Crob lo vivo quotidianamente!
Si parla tanto di prevenzione e, poiché ci credo fortemente, ho sempre autonomamente (ci tengo a specificarlo) fatto tutto ciò che potevo per tentare di prevenire. Forse avrei dovuto scegliere da subito di non farmi seguire in un ospedale della zona solamente perché più facile da raggiungere, forse qualcuno avrebbe dovuto fare meglio il suo lavoro (perché è inammissibile “non vedere” ciò che, invece, è chiarissimo) o forse semplicemente doveva andare così …
Fatto sta che cinque anni fa, dopo aver effettuato l’ultima mammografia, ho capito che avrei dovuto agire e cambiare strada.
Ho deciso di rivolgermi al Crob di Rionero ed è stata la scelta più saggia della mia vita.
Mentre chi aveva refertato la precedente mammografia aveva certificato che non ci fosse nulla di anomalo, al Crob è bastata una ecografia per capire che bisognava intervenire il prima possibile.
Non potrò mai dimenticare, lo sguardo della dottoressa mentre mi diceva che sarebbe stato necessario fare una risonanza ed una biopsia, né le parole che pronunciò per rassicurarmi: “non preoccuparti, di qualsiasi natura sia… siamo arrivati in tempo!”.
Quando è arrivata la diagnosi di carcinoma mi fu chiesto se intendessi farmi seguire al Crob. Anche in quell’occasione non ho avuto dubbi e la mia risposta fu immediata: Si!
Di fronte a quel “sì” è iniziata la mia “avventura” al Crob di Rionero.
Ho deciso di mettere la mia vita nelle mani di persone per le quali nutrivo e nutro estrema fiducia. Sapere di essere curata in un Istituto a carattere scientifico mi ha sempre dato un senso di sicurezza e protezione in più.
E’ così che ha preso il via quell’iter tristemente noto per le donne con un tumore alla mammella: intervento chirurgico, chemioterapia, radioterapia e ormonoterapia (che ancora seguo).
Per un problema insorto successivamente, lo scorso anno sono stata ricoverata anche in ematologia ed anche qui ho ricevuto quella professionalità mista ad umanità di cui ogni paziente oncologico ha bisogno.
L’Irccs Crob di Rionero è diventato un po’ come la mia seconda casa.
Ma ora il senso di paura e di insicurezza che provo è grande.
Non mi interessa sapere di chi siano le responsabilità, non mi interessa sentire lunghi discorsi formali, non mi interessano “gli atti di presenza”. Mi interessa, invece, che il problema venga affrontato e risolto.
Vorrei poter avere la certezza che l’Istituto non interromperà la sua attività, vorrei poter continuare a curarmi al Crob, dove c’è professionalità, generosità, cortesia, potenzialità e grandissima umanità.
Ed è ora di smetterla con la sempre sottaciuta ma sempre viva rivalità con il San Carlo, il quale è sicuramente un ottimo ospedale; ma l’Istituto a carattere scientifico è nato a Rionero e deve crescere a Rionero. Sono due eccellenze Diverse!
Su altri presidi ospedalieri che sembrano vantare “tantissimi” casi oncologici preferisco non esprimermi.
La Basilicata il suo centro oncologico a carattere scientifico lo ha. E’ un fiore all’occhiello della nostra regione e tutti (evitando inutili campanilismi) abbiamo il dovere morale di fare in modo che continui ad esserlo.
Per questo, al Presidente della Giunta Regionale Vito Bardi, all’Assessore alla Sanità Rocco Leone, al Direttore Scientifico del Crob Sgambato e al Direttore Generale dell’Istituto Mecca io chiedo: di fare in modo che l’Istituto continui ad esserci; di fare in modo che continui a crescere; di fare in modo che le professionalità mediche del Crob restino al Crob, che non vadano via, che non vengano dislocate in altri presidi; di incrementare il personale medico ove necessario (dipartimento di chirurgia toracica, dipartimento di urologia); chiedo di darci la possibilità di curarci nella nostra terra; chiedo di darci la possibilità di curarci nell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico di Rionero.
Lo chiedo da lucana e da malata di cancro. Lo chiedo per i malati come me. Lo chiedo perché non vadano disperse le energie e i notevoli investimenti che ci hanno fatto credere che anche la Basilicata potesse dare il suo contributo nella lotta contro il cancro.
Uniamo le forze e le professionalità, aggiungiamoci la volontà politica e salviamo il nostro Irccs Crob!”