Si chiamano “strutture strategiche di relazione” e sono quell’insieme di reti e infrastrutture (viabilità, ferrovie, sistema idrico, reti energia elettrica, industrie a rischio di incidenti rilevanti, dighe e risorse del sottosuolo, aeroporti e poligoni di tiro militari attivi) che nella “Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee per la localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi” (Cnapi) determinano una serie di “criteri di esclusione” e “criteri di approfondimento”. La Sogin prevede che il deposito non potrà essere ubicato nei siti “che siano a distanza inferiore a 1 km da autostrade e strade extraurbane principali e da linee ferroviarie fondamentali e complementari” (CE13), “caratterizzate dalla presenza nota di importanti risorse del sottosuolo” (CE14), “caratterizzate dalla presenza di attività industriali a rischio di incidente rilevante, dighe e sbarramenti idraulici artificiali, aeroporti o poligoni di tiro militari operativi” (CE15).
Un quadro di criticità che richiede un’attenta analisi sulla situazione della Basilicata, così come emerge anche dagli approfondimenti in corso nel tavolo tecnico sulle “strutture strategiche di relazione”, uno dei cinque istituiti presso il Dipartimento Ambiente della Regione per formulare le osservazioni tecniche della Regione al documento della Sogin. Al centro di questi incontri, coordinati dall’ingegnere Nicola Grippa, con la partecipazione dei rappresentanti dei Comuni interessati, della Provincia di Potenza, dell’Ordine degli architetti, di funzionari e tecnici degli uffici regionali competenti, anche la verifica dei “criteri di approfondimento” che riguardano in particolare la “disponibilità di vie di comunicazione primarie e infrastrutture di trasporto (CA12) e la “presenza di infrastrutture critiche rilevanti o strategiche” (CA13).
“Proprio guardando alle opere strategiche, alle grandi dighe e alle reti irrigue e idropotabili a servizio di Basilicata e Puglia, come pure ai giacimenti di petrolio e gas, appare evidente che il deposito nazionale dei rifiuti nucleari non può essere localizzato in nessuna area della nostra regione – afferma l’assessore regionale all’Ambiente Gianni Rosa –. Tra l’altro quasi tutti i siti indicati non sono neanche vicini alle necessarie vie di comunicazione indicate nei criteri di approfondimento come fondamentali per garantire il trasporto in sicurezza dei materiali”.
La via preferenziale per il trasporto dei materiali radioattivi indicata nella Cnapi sono le linee ferroviarie, fra le quali vengono ritenute idonee quelle di categoria D, cioè le principali linee ferroviarie italiane. Le linee ferroviarie lucane sono invece classificate nella categoria C e non sono quindi ideali per questo tipo di trasporti. In subordine, nella Cnapi si prevede il trasporto dei materiali radioattivi attraverso la rete stradale. E in questo caso vengono ovviamente preferite le autostrade e le strade extraurbane principali con due corsie per senso di marcia e spartitraffico, cosa che stride con la situazione della Basilicata considerando che in prossimità di quasi tutti i siti indicati in Basilicata (con esclusione dei due siti vicini alla statale 106 Jonica) non ci sono strade di questo tipo, e l’assenza di viabilità importante aumenta l’indice di rischio durante il trasporto, come indicato chiaramente nei criteri di approfondimento.
“Che la Basilicata offre all’Italia un contributo rilevante in termini di risorse naturali – osserva il presidente della Regione Vito Bardi – lo sanno tutti, ma forse non tutti sanno che nel corso degli anni sono stati fatti e sono tuttora in corso investimenti rilevanti sia per le attività petrolifere che per preservare la risorsa idrica, migliorare le capacità di accumulo, completare le reti irrigue a servizio dell’agricoltura, migliorare il servizio idrico integrato per i cittadini. E lo stesso Stato che ha finanziato queste opere, ritenendole strategiche, non può sostenere che nella nostra regione, che contribuisce al 10 per cento delle risorse petrolifere nazionali ed è uno dei principali serbatoi idrici del Sud, si possa ubicare un deposito di rifiuti radioattivi che è assolutamente incompatibile con la nostra realtà”.
Per quanto riguarda la presenza dei giacimenti di petrolio e gas, il gruppo di lavoro ha rilevato in particolare l’interferenza con i siti indicati con i codici MT15 ed MT16, nell’area di Bernalda, che sono fuori dalle concessioni esistenti ma in itinere c’è un permesso di ricerca come peraltro rileva la stessa Sogin nel suo documento. Come pure i siti indicati con i codici PZ 9, PZ10, PZ12 e PZ13, nell’area di Genzano, dove ci sono permessi di ricerca in itinere.
In tema di interferenze la parte più delicata riguarda il sistema idrico, che in Basilicata tocca tutte le aree indicate dalla Sogin come potenzialmente idonee. Sovrapponendo queste aree con i distretti irrigui e con lo schema dell’adduttore regionale del Sinni è risultato che le zone indentificate con i codici PZ9, PZ12 e PZ13 sono interamente comprese nel distretto irriguo “G”, quella identificata con il codice PZ10 ricade in parte nel distretto “G” ed in parte nel distretto “T”, mentre le aree indicate con i codici PZ6, PZ8 e PZ14 ricadono totalmente nel distretto “B” dello schema idrico Basento – Bradano, che è già stato completato e attrezzato. Inoltre, le aree indicate con i codici MT1, MT2 ed MT16, nelle aree di Montalbano Jonico e Bernalda, sono attraversate dalla condotta del Sinni che porta l’acqua in Puglia. La presenza di simili infrastrutture dovrebbe rientrare fra i motivi di esclusione.