E’ stato presentato sabato scorso, a Montalbano Jonico, presso la Biblioteca comunale “F.Rondinelli” il saggio storico “La Basilicata tra XIX e XX secolo” di Raffaele Pinto. L’evento è stato organizzato dalla biblioteca ospitante, l’Unilabor e dal Circolo Acli di Montalbano. La presentazione del testo è stata coordinata dalla Professoressa Maria Paola Sgrò; Sono intervenuti come relatori il Professor Antonio Romano e lo storico Dino D’Angella.
“Un testo pensato per la mia quinta del liceo” sintetizza il fondamentale intento, dell’ultima fatica letteraria, lo stesso Professor Pinto. Fatica e passione nella ricerca è ciò che caratterizza uno storico. Numerose le fonti e gli archivi consultati per produrre un buon lavoro. Tante anche le ore passate e tante le sorprendenti scoperte venute alla luce proprio dalla consultazione degli archivi della biblioteca montalbanese, che con la sua ricca documentazione ha offerto molti spunti e materiale utile per la ricostruzione storica.
Il periodo preso in esame dall’autore è quello che va dall’Unità d’Italia all’avvento del Fascismo. Un periodo cruciale, che prende in pieno la questione meridionale, caratterizzata dal brigantaggio e dall’emigrazione, dove vanno ricercate anche, le cause del conseguente ritardo socio-economico della Basilicata. “Un racconto di cinquanta anni di storia e non storia” afferma D’Angella. Sarebbe stato un periodo determinante per la futura crescita della Basilicata, se solo i lucani fossero stati in grado di ribellarsi; Il popolo lucano, troppo docile e permissivo, per indole, non ha saputo o voluto determinare le proprie sorti.
E’ un’opera meticolosa quella del professor Pinto. Tante note ed approfondimenti che rivelano tutta la sua onestà intellettuale e la sua sincera voglia di condivisione, della propria conoscenza con i lettori. E’ lo stesso autore che parla di un lavoro a più livelli; La lettura del testo offre un quadro generale degli eventi. I più curiosi possono approfondire con le oltre duecento note riportate a piè di pagina.
Il professore Romano afferma che, abbiamo solo iniziato, a conoscere il Pinto scrittore, che ha ancora tanto da dire e trasmettere. Abbiamo iniziato a conoscerlo con la narrativa di: “La Sindrome di Hobbes” e che abbiamo amato già, con il suo primo approccio al genere del saggio storico con: “Il passaggio degli Ebrei in Basilicata“. Ora ci propone questa sua ultima opera, interessante per una serie diversa di motivi. Si presenta in una veste tipografica sobria, semplice ma accattivante. Il libro ha una struttura solida che indica il ben riuscito lavoro di un editore lucano: Archivia. La ricerca puntuale che l’autore compie è sintomatico di un rapporto d’amore con questa Terra e con la natura pacifica e paziente dell’ambiente umano che la popola. Tratta di un periodo storico determinante soffermandosi su elementi che non si ritrovano nei libri di storia; Ricostruisce ed approfondisce la civiltà materiale lucana di quegli anni: la vita comunitaria, la viabilità, l’abbigliamento, la sanità, l’istruzione e la condizione delle donne. Capire cosa mangiavano i lucani, come si spostavano, come si moriva di malaria e la credenza nelle fattucchiere, e molto altro, sono tutti elementi utili per comprendere realmente un popolo e gli eventi storici, per affrontare meglio il futuro e migliorare la propria identità di lucani.
“Sono fiero di questo libro” è la considerazione conclusiva, affettuosa dello scrittore, disarmante dell’educatore e consapevole dello storico Pinto.
Mariangela Di Sanzo