Termina prematuramente l’esperienza dell’amministrazione comunale di Bernalda guidata dal sindaco Domenico Tataranno.
Martedì mattina nove consiglieri di maggioranza, Eliana Acito, Enzo Bonelli, Domenico Calabrese, Donato Dimonte, Nicola Grieco, Barbara Carmela Lombardi, Francesco Antonio Lovecchio, Antonella Marinaro e Saverio Sarubbo, hanno rassegnato le dimissioni dal consiglio comunale, mettendo di fatto in minoranza il sindaco e concludendo l’esperienza amministrativa.
La decisione, scrivono i consiglieri nella lettera di dimissioni, è motivata dall’essere “venute meno, irrimediabilmente, le condizioni per continuare ad espletare il mandato elettorale a causa delle scelte operate dal sindaco, che ha ignorato le istanze della sua maggioranza finalizzate a chiudere la crisi politica”.
“All’indomani dell’ultimo videomessaggio del sindaco – scrivono in una nota i consiglieri del Gruppo Civico Bernalda e Metaponto – non possiamo che constatare amaramente che ormai la democrazia è tenuta in ostaggio. Il nostro primo cittadino, evidentemente, è all’oscuro o finge di ignorare le più semplici regole del rispetto del mandato elettorale e del funzionamento delle istituzioni. Pertanto, parafrasando il sindaco, “mantenendo la discussione nei limiti della correttezza e del rispetto delle reciproche convinzioni, evitando offese personali”, nient’affatto rientranti nelle nostre argomentazioni, siamo costretti a muovere il passo più doloroso, ma ormai resosi inevitabile.
Il sindaco, utilizzando impropriamente la pagina Facebook del Comune di Bernalda, senza possibilità di contraddittorio, illustra le sue scelte politiche, mascherandole con la giustificazione dello “stallo amministrativo, a cui deve dare una svolta, nominando una nuova giunta”, il tutto ancora una volta in assenza di atti formali, pubblicati solo ventiquattr’ore dopo. Insistendo sulla scelta personale, precisa che tale scelta non ha avuto nessun tipo di contraccolpo sull’amministrazione comunale (sic!), sminuendo di fatto l’entità della crisi in atto, da cui è scaturita la formazione di nuovi gruppi consiliari, ed ascrivendo le posizioni legittimamente assunte dai consiglieri ad un “atteggiamento ricattatorio” e di “intransigenza ideologica”, che, in verità, ci pare riscontrare nelle sue parole e nelle sue azioni. Esclude dal tavolo delle trattative le sue dimissioni perché, a suo dire, rappresenterebbero un tradimento del patto che ha stretto con i cittadini, patto che, a ben vedere, il sindaco ha già tradito nel momento in cui, eletto come civico, ha aderito per pura ambizione personale ad un partito, dimenticando che era stata l’intera squadra propostasi all’elettorato a stringere quel patto.
Come può dunque il progetto rimanere identico, non modificarsi quando vengono a mancare i presupposti democratici e i principi fondanti da cui è nato?
Il sindaco esprime ringraziamento e riconoscenza alla nuova giunta, che ha “accettato con entusiasmo la chiamata del sindaco” e si appella impropriamente ai principi della Costituzione, ma di fatto la calpesta e contravviene alle regole basilari della democrazia, fingendo di ignorare che la nuova giunta non è suffragata dalla maggioranza e quindi dal popolo.
I cittadini hanno votato per eleggere consiglieri, non burattini, la cui indisponibilità ad accettare le deleghe assessorili non è certo dettata da irresponsabilità, come il sindaco, esattamente in linea con quanto espresso dagli esponenti locali del suo partito, vuole far credere. Piuttosto il nostro gruppo ha tentato fino all’ultimo di farlo ritornare sui suoi passi, non certo per un’arida e semplicistica questione di ideologie, ma per rispetto di quel patto elettorale che ritiene erroneamente di aver suggellato da solo. Del resto non si può pensare che la scelta individuale del sindaco non avrebbe avuto ripercussioni sull’intera squadra amministrativa, essendo la squadra simile ad un composto chimico la cui natura si modifica irrimediabilmente se cambiano gli elementi che lo caratterizzavano all’origine.
Piuttosto racconta a se stesso che nulla sarebbe cambiato, pur di non mettere da parte il suo orgoglio personale che antepone alla tenuta dell’amministrazione e quindi al bene della comunità. Il sindaco ha gestito la crisi politica utilizzando metodi autoritari, tant’è che ad oggi la questione “tessera” è quasi secondaria, essendo divenuta primaria l’urgenza del ripristino di una democrazia calpestata e quindi della dignità di un intero elettorato, prima che dei consiglieri che lo rappresentano. Agendo da plenipotenziario, il sindaco, ignora le istanze della maggioranza insieme alla quale era stato scelto dalla cittadinanza ed adotta dispoticamente scelte unilaterali, tentando di addebitare ai consiglieri comunali che hanno mostrato il loro dissenso la responsabilità delle conseguenze di una crisi che lui e solo lui ha provocato e mal gestito. Atteggiamento ulteriormente confermato dalle motivazioni populistiche che adduce a sostegno della sua decisione, ovvero la pandemia e la crisi economica (quest’ultima poco ascrivibile, in verità, a competenze comunali), problematiche serissime, ma che certamente non possono giustificare la pretesa di un appoggio incondizionato e supino alle sue prese di posizione autocratiche, che umiliano e mortificano il ruolo di consiglieri comunali.
A detta del sindaco, l’amministrazione comunale di Bernalda sarebbe tornata ad essere pienamente operativa per dare risposte ai cittadini. Di quale amministrazione stiamo parlando? Come se fosse possibile immaginare, se non in una sorta di inspiegabile delirio di onnipotenza, un’amministrazione che non contempli il sostegno di una maggioranza consiliare legittimata dagli elettori e oggi calpestata. Per tutte queste ragioni, con enorme sofferenza, dopo i nostri strenui tentativi vanificati e ignorati di risolvere la crisi, siamo stati costretti a rassegnare le nostre dimissioni dalla carica di consiglieri comunali per l’impossibilità di espletare con dignità il mandato conferitoci dalla cittadinanza. Un gesto estremo e doloroso che mai avremmo immaginato di dover compiere, ma resosi necessario proprio per salvaguardare quei valori della democrazia grazie ai quali eravamo stati investiti di un ruolo di rappresentanza così elevato. Esprimiamo la nostra più profonda gratitudine per la fiducia che l’elettorato aveva riposto in noi e che noi abbiamo sempre rispettato con coerenza; proprio a difesa di quella fiducia e per ridare dignità alla democrazia e alle Istituzioni non avevamo altra scelta che rimettere il nostro mandato, perché la nostra comunità non merita derive antidemocratiche”.