“Siamo da poco entrati nella fase 2, quella che propone una graduale riapertura delle attività. Un periodo delicato da affrontare sempre con responsabilità per evitare che si ritorni alla fase dell’emergenza.
Le comunità Lucane in verità, hanno dimostrato di saper rispettare le regole. Se i contagi sono relativamente pochi, lo dobbiamo esclusivamente a noi. Purtroppo la politica ancora una volta è venuta a mancare, impegnata come sempre a dare vita a una sterile competizione elettorale”.
Lo scrive, in un comunicato stampa, Rocco Caramuscio, referente di “Italia in Comune Basilicata”.
“E’ tempo quindi – scrive Caramuscio – di un primo bilancio e il nostro, se positivo per il contributo dato dai Lucani, si rivela fallimentare per le politiche attuate.
Non è bastata la pandemia a decretare un cambio di rotta sulla gestione della sanità. Si è generata una dialettica stucchevole che non ha portato ad alcun cambio di passo. L’interesse di parte, il campanilismo, la gestione del potere fine a sé stesso, hanno decretato l’epilogo scontato, ossia che nulla è cambiato nei servizi offerti ai Lucani. Gli ospedali dismessi, quelli riammodernati, qualcuno reso antisismico, rimangono inutilizzati. E’ la volontà di una politica incapace di pensare al bene comune.
Potrà sembrare una provocazione, ma sono sicuro che questa pandemia, nostro malgrado, abbia creato l’opportunità per potenziare la sanità lucana, rendendola più prossima ai territori.
Alla fine siamo rimasti senza alcun investimento mentre in altre Regioni, soprattutto al Nord, ci si è prodigati per aumentarla e migliorarla con investimenti di centinaia di milioni di euro che rimarranno anche dopo questa tragica esperienza.
Insomma anche quando il destino ci preserva, la politica ci punisce.
Un’altra considerazione preme farla. Abbiamo capito che i pochi contagi e i focolai innescati, sono legati a ben precise situazioni. Nella Val D’Agri, a Moliterno, alla Don Gnocchi di Tricarico, in alcune case famiglia e in alcuni ospedali.
Pochissimi quelli riconducibili al rientro dei nostri ragazzi che studiano o lavorano fuori Regione. Da sempre le famiglie del Sud si sacrificano per i propri figli che, in mancanza di opportunità vanno via in cerca di futuro. Insieme ad essi va via la speranza di vedere un giorno la nostra terra finalmente prodiga di opportunità.
E invece di ribellarci a questo destino infausto, invece di proteggere i nostri figli, scaviamo una trincea tra generazioni. Questa esperienza ci consegna la certezza che i nostri ragazzi sono responsabili e attenti.
Fa male aver letto e ascoltato tanta gente inveire contro di loro che, ad un tratto, dall’essere il nostro orgoglio, sono diventati untori irresponsabili senza cervello. Se vanno via è perché non abbiamo saputo difendere i loro diritti, ricordiamocelo. Non macchiamoci di altre colpe”.