Il Ministero dell’Ambiente ha quantificato infatti in circa 8,4 miliardi di euro i finanziamenti statali dati a politiche di prevenzione negli ultimi venti anni, mentre nello stesso periodo si sono spesi 22 miliardi di euro per riparare i danni causati da frane ed alluvioni.
L’ultima ondata di maltempo evidenzia ancora una volta che il bilancio è ancora più grave se si considerano le vittime e le tragedie familiari che frane e alluvioni hanno provocato.
Investire nella prevenzione è quindi sempre più urgente ed i cambiamenti climatici in atto non devono rappresentare un alibi per un Paese dove più di 5 milioni di cittadini ogni giorno vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio idrogeologico e 6.633 i Comuni hanno all’interno del territorio aree ad elevato rischio di frana o alluvione.
In Basilicata tutti i suoi 131 comuni presentano aree a rischio idrogeologico, secondo il Report del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio “Rischio idrogeologico in Italia”.
L’aver inserito il Piano irriguo nazionale in una delle quattro linee di intervento delle risorse del Fondo europeo di Sviluppo Rurale riconosce la necessità di intervenire prioritariamente nella stabilità idrogeologica del territorio nazionale, anche perché gli studi evidenziano che le bombe d’acqua causano i danni più gravi nei pressi degli argini, dove purtroppo si continuano ad autorizzare costruzioni.
A questa situazione di fragilità territoriale non è estraneo il fatto che l’Italia ha perso negli ultimi venti anni 2,15 milioni di ettari di terra coltivata per effetto della cementificazione e dell’abbandono, che ha tagliato del 15 per cento le campagne, colpite da un modello di sviluppo sbagliato che ha costretto a chiudere 1,2 milioni di aziende agricole nello stesso arco di tempo. Ogni giorno in Italia viene sottratta terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio (288 ettari).
E la Basilicata rappresenta in Italia uno degli esempi più negativi in questo senso. Secondo uno studio della Coldiretti, infatti, la nostra Regione negli ultimi 30 anni ha perso il 17,1 per cento della propria superficie agricola.
Si è passati infatti da 626.339,43 ettari del 1982 a 623.530,00 del 1990, a 537.515,85 del 2000 e infine a 519.127,33 del 2010, con una percentuale di variazione 1982/2010 del -17,1, 1990/2010 del -16,7, 2000/2010 del -3,4.
“Sono dati questi che dovrebbero preoccupare, perché riguardano sia i terreni più fertili che sono stati coperti dal cemento e oggi anche insidiati da grossi impianti termodinamici ed eolici, ma anche le aree marginali che sono state abbandonate perché poco redditizie ed ora sono a rischio degrado per frane o incendi” ha affermato il Presidente Regionale della Coldiretti di Basilicata Piergiorgio Quarto. “Per proteggere il territorio e i cittadini che vi vivono la nostra Regione deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile dalla cementificazione e dall’abbandono nelle aree marginali con un adeguato riconoscimento del ruolo economico, ambientale e sociale dell’attività agricola, che ha funzioni di sorveglianza, manutenzione e gestione del territorio”.