“Se è stato fatto in Lombardia, perché non farlo anche da noi”.
Così il direttore di Coldiretti Basilicata, Aldo Mattia, commenta il via libera all’abbattimento dei cinghiali che si sono moltiplicati in Italia raggiungendo oltre un milione di esemplari che, dalle campagne alle città, mettono a rischio la sicurezza dei cittadini, oltre a distruggere i raccolti agricoli.
In particolare Mattia esprime apprezzamento per la delibera approvata dalla Regione Lombardia per contrastare il proliferare di cinghiali, soprattutto a tutela della sicurezza e della salvaguardia delle colture agricole.
“Per la prima volta – sottolinea il direttore della Coldiretti lucana – viene finalmente data la possibilità agli agricoltori, provvisti di regolare licenza, di abbattere tutto l’anno i cinghiali, con l’ampliamento dell’attività di contenimento finora riservata solo alla polizia provinciale e ai cacciatori”.
Un provvedimento approvato dalla regione Lombardia in cui nel quinquennio 2013/201, il cinghiale ha arrecato danni alle colture agricole per 1.669.989 euro di indennizzi erogati da Regione Lombardia, corrispondenti a 2.807 eventi di danno denunciati e ha provocato 384 sinistri stradali denunciati, con erogazione di risarcimenti 606.664 euro complessivi.
“Ci auspichiamo che un provvedimento simile – aggiunge Mattia – venga adottato anche dalla Regione Basilicata in una situazione in cui negli ultimi dieci anni il numero dei cinghiali presenti in Italia è praticamente raddoppiato per risolvere il problema della incidenza dei cinghiali per l’incolumità delle persone e la sicurezza dei trasporti nonché, per la salvaguardia delle produzioni agricole e degli ecosistemi. Nel provvedimento della Lombardia – spiega Mattia – si riconosce nella sostanza la possibilità da parte dei proprietari e conduttori di terreni agricoli di esercitare una facoltà di legittima difesa in presenza di minime condizioni che semplificano il precedente approccio burocratico. Tra i requisiti si ritiene in particolare l’accertamento di danni alle colture nei 6 mesi antecedenti la data di presentazione della domanda di autorizzazione che ha la durata di 12 mesi; la titolarità di licenza di porto di fucile e la abilitazione alla caccia di selezione nel caso di ricorso a particolari modalità. Naturalmente – conclude Mattia – l’esercizio dell’abbattimento deve avvenire in condizione di sicurezza attraverso la comunicazione preventiva agli organi di polizia competenti per il territorio oltre che di compatibilità ambientale risultando vietato l’intervento nelle aree protette ma è anche previsto un sistema di tracciabilità per garantire il monitoraggio e il controllo sanitario”.