Le associazioni Mediterraneo No Triv, No Scorie Trisaia, Cova Contro e Osservatorio Popolare per la Val D’Agri hanno partecipato alla Conferenza di Servizi che si è svolta il giorno 9 Luglio presso il Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata.
“Antonio Alberti, di Mediterraneo No Triv – si legge in una nota congiunta delle associazioni – ha eccepito l’improcedibilità della Conferenza di Servizi a causa dei seguenti tre motivi: la caratterizzazione e la perimetrazione della zona interessata dallo sversamento di di petrolio dal Cova è ancora in corso di svolgimento e pertanto prima di sapere se altri territori sono o meno interessati dall’inquinamento da petrolio nel sottosuolo non è certo possibile utilizzarlo per un nuovo impianto. Poi il nuovo impianto dell’Eni comporterà la produzione di ingenti quantità di rifiuti pericolosi per l’ambiente e ciò impone prima l’aggiornamento del Piano Regionale Gestione rifiuti nonché la verifica di impatto che il trattamento delle acque di produzione potrà avere sul territorio. Infine secondo Alberti l’impianto Syndial Eni è funzionalmente connesso al Cova e pertanto è soggetto, ai sensi dell Dlgs 152/2006 tabella XIII a Autorizzazione Integrata Ambientale di competenza statale e non certo regionale. Le tre eccezioni che comportano il rigetto del progetto e il parere negativo da parte della Regione Basilicata, sono state anche formalizzate in una nota scritta protocollata contestualmente allo svolgimento della Conferenza di Servizi
Giovanna Bellizzi di Mediterraneo No Triv ha eccepito quanto sempre sostenuto da Eni ossia che il ciclo dell’impianto è chiuso e che le acque di produzione non saranno mai sversate nel depuratore Asi e quindi nell’Agri con conseguente impatto sulle acque del Pertusillo. Al riguardo Bellizzi ha richiamato due note formali dell’Eni che appaiono confermare tali ipotesi. Inoltre, è stato anche eccepito il mancato coinvolgimento del Comune di Grumento e quanto deliberato dalla Regione Basilicata con atto n. 1290 del 5.12.2018 con cui è stato espresso parere negativo all’istanza di variazione del programma dei lavori di ricerca e di sviluppo della concessione di coltivazione Val D’Agri.
Gianpaolo Farina di No Scorie Trisaia ha eccepito come nelle acque di produzione la Commissione Europea e il suo comitato scientifico sui rischi sanitari, ambientali ed emergenti (SCHEER) ha accertato che circa 1300 sostanze chimiche diverse, alcune delle quali sono cancerogene conosciute, possono essere rilasciate nell’ambiente a seguito di operazioni petrolifere e di gas. Di tali sostanze nulla sappiamo in merito alle acque di produzione da trattare a Viggiano ed è un rischio che la popolazione non può correre.
Isabella Abate dell’Osservatorio Popolare per la Val d’Agri ha esposto come il nuovo impianto avrà impatti estremamente rilevanti non solo sul territorio di Viggiano e di Grumento ma sulla collettività tutta e ciò avrebbe dovuto comportare la partecipazione non solo del sindaco del comune ove l’impianto sarà materialmente realizzato ma, piuttosto, di tutti i sindaci lucani che dovrebbero essere edotti dei potenziali rischi che potrebbero correre i Lucani tutti e non solo atteso che le acque del Pertusillo sono utilizzate e bevute anche dai Pugliesi.
Durante la Conferenza di Servizi vi sono stati momenti molti accesi con tentativi di spiegazioni da parte di Eni e della società Syndial che non hanno confutato i dubbi degli ambientalisti anzi, li hanno in un certo senso incrementati soprattutto in merito al rischio di radioattività presente nelle acque di produzione, rischio che secondo le associazioni non può essere scongiurato dalle prospettate tecnologie.
La società ha trenta giorni per rispondere e potranno essere svolti anche tavoli tecnici.
Quello che le associazioni hanno inteso formalizzare è l’invito rivolto alla Regione Basilicata di esprimere parere negativo a un progetto che si ritiene potrà avere conseguenze rilevanti per l’intera popolazione lucana.
Non convince neppure la mancanza di volontà delle due società di incontrare i cittadini lucani e per esporre il proprio progetto.
Al riguardo, quale battaglia di civiltà, nei prossimi giorni invieremo una richiesta formale di inchiesta pubblica sul progetto con coinvolgimento diretto della popolazione, così come il Codice dell’Ambiente prevede e consente.
L’inchiesta pubblica in Basilicata non è stata mai attuata per nessun progetto industriale impattante e sarebbe dimostrazione concreta di trasparenza e di assenza di pericolosità”.