“È un giorno che ricorderemo negli anni a venire, quello di oggi. Personalmente, un giorno lo racconterò a mia figlia come il giorno in cui le coscienze di migliaia e migliaia di iscritti al Partito Democratico hanno gridato talmente forte da arrivare a farsi ascoltare dalle coscienze di un centinaio dei suoi grandi elettori.
“Sono giorni e giorni che il dibattito politico, nel Paese, è incentrato sulla elezione del Presidente della Repubblica, mentre non abbiamo un Governo e l’Italia brancola nel buio. Giorni e giorni in cui si è parlato del niente. Giorni e giorni nei quali lo sport preferito è stato insultare Matteo Renzi, reo di esprimere a voce alta le sue idee.
Ieri sera, a poche ore dal voto, ecco (meglio tardi che mai) la convocazione di tutti i grandi elettori di PD e SEL, per esprimersi sul nome proposto dal segretario Bersani: quello di Franco Marini. Pochi minuti e nei pressi del Capranica (il teatro a due passi da Montecitorio in cui si è tenuto l’incontro) sono arrivati liberi cittadini e tesserati PD. Visi comuni, persone normali. Tutti immediatamente identificati dalle forze dell’ordine, naturalmente, per manifestazione non autorizzata. Sono accorsi per cercare di far giungere la propria voce all’interno del teatro, dentro il quale si è consumata una delle pagine più brutte e più tristi della storia del Partito Democratico, ma in generale della Sinistra italiana. Un teatro blindato dove, a poche ore dal voto, il segretario nazionale propone un nome oggetto di accordo con l’avversario di sempre, l’avversario da battere, Silvio Berlusconi. Fuori dal Capranica, gridando all’inciucio, i visi comuni urlavano ai propri rappresentanti “Non lo fare!”. E qualcuno non lo ha fatto. Qualcuno ha detto no. Qualcuno ha contestato la linea scelta dalla maggioranza, figlia di vecchie logiche divenute oggi inaccettabili. È finita che SEL ha abbandonato l’incontro a testa alta, scegliendo di votare all’unanimità (che termine straordinario “unanimità”) il professor Stefano Rodotà, giurista e professore universitario, già presidente del PDS, proposto alla Presidenza della Repubblica dal Movimento 5 Stelle, il quale, proprio sul nome di Rodotà è disposto addirittura ad un accordo di governo.
Il PD però dice no. Nonostante i parlamentari vicini a Renzi abbiano fatto sentire chiara la voce del dissenso rispetto alla linea del segretario. Perché Marini è certo una brava persona ma – come dichiara Matteo Renzi – “è un candidato del secolo scorso”.
Il PD va avanti a maggioranza, nonostante anche grandi elettori molto vicini a Bersani dichiarino i propri dubbi sulla candidatura di Marini.
Fuori dal teatro la gente aumenta. Gridano, chiedono, pregano, contestano. Al passaggio di Anna Finocchiaro, la senatrice dichiara: «Non so che cosa vogliano questi signori» e poi «La base? Non l’ho sentita». Due frasi emblematiche, che raccontano tutta la “sordità, l’autoreferenzialità, l’alterigia e il cupio dissolvi del gruppo dirigente che ieri notte ha ucciso il Partito Democratico” (come scrive il giornalista Alessandro Gilioli, presente all’esterno del Capranica).
Il Partito Democratico però non è ancora morto. Lo dimostrano i suoi cento grandi elettori che hanno detto NO alla linea del dalemiano Bersani, che hanno urlato NO all’inciucio e che, come noi, oggi si sono indignati per quell’abbraccio affettuoso tra Bersani e Alfano, il cui scatto ha fatto il giro del mondo ed ha fatto montare la rivolta in rete.
Insieme ai nostri cento grandi elettori, anche noi abbiamo detto no. Io sono stata tra coloro che in rete ha incalzato i propri rappresentanti, chiedendo loro di ascoltare l’urlo di dolore proveniente dalla base. Francamente non so cosa abbiano votato, nel segreto dell’urna, i grandi elettori lucani. Spero che la loro scelta non sia ricaduta su Marini, il quale, questa mattina, dichiarava emozionato ad una giornalista di aver ricevuto “una bella telefonata di auguri da Ciriaco De Mita” (!). Spero davvero che i nostri grandi elettori abbiano ascoltato la propria coscienza. Forse non tutti, ma sono certa che qualcuno non abbia sostenuto il segretario Bersani nello scellerato ed indecoroso accordo con Berlusconi, che finirebbe per annientare il PD e per far pagare al Paese un prezzo altissimo che proprio non merita.
Ora si prosegue con la scelta (sempre dettata dal segretario Bersani) di votare scheda bianca. Per dirla con Ernesto Maria Ruffini, avvocato, blogger, esponente di spicco del PD romano, vicino a Matteo Renzi: “Ora per i “grandi strateghi” è arrivato il momento della scheda bianca: che è paura della sconfessione, ultima trincea di una classe pseudo-dirgente al tramonto. Una scelta che regala a chi ha detto no 24 ore per parlare con gli altri, per convincerli a fare altrettanto e a scegliere un candidato vero, che segni un cambio di passo. Non siete minoranza, ma maggioranza, dietro di voi c’è sì la piazza che manifesta davanti a Montecitorio, ma c’è anche un Paese che vuole cambiare. Oggi pomeriggio, stasera, domani mattina, cercate i vostri colleghi e fate come dicono a Westminster nei momenti cruciali: speak for the country”.
Si sappia però che, così come chiesto legittimamente dal sindaco di Bari, Michele Emiliano, ora molta parte dei tesserati del Partito Democratico invocano le dimissioni di chi ha avuto la responsabilità dello scempio democratico cui abbiamo assistito in queste ore. Dimissioni necessarie per rilanciare questo Partito e riportarlo tra la gente.
Per concludere con un tweet di un giovane e valido esponente del PD napoletano, Francesco Nicodemo: “Ho votato e preso calci in faccia per Matteo Renzi. Dovrei festeggiare la loro fine politica. Ma è il mio partito e ho la morte nel cuore”.
La partita per la Presidenza della Repubblica è tutt’altro che chiusa. Ognuno faccia sentire la propria voce, alta, chiara. Siamo persone PERBENE, non dobbiamo avere paura. Siamo la maggioranza degli italiani e possiamo e dobbiamo contare. Che ognuno faccia la propria parte.”
Mirna Mastronardi
Componente Assemblea Provinciale PD – Matera